I MIEI PROGETTI
i miei interessi
Da qualche hanno sto seguendo un progetto che mi attrae.

Lavoro come volontaria in una associazione di familiari per ragazzi con vari problemi, tra i quali alcuni autistici, nel tempo mi sono accorta quanto sia difficile riuscire a comunicare con loro, molte volte restano chiusi in un loro mondo nel quale è difficile entrare, a meno che di conoscerne le "chiavi".
In questi anni credo di averne scoperta una, l'ho provata e devo dire che funziona su i due ragazzi che conosco.
Ho presentato questo progetto presso il Servizio di NeuroPsichiatria di Adrano, e mi hanno confermato che è un sistema che può sicuramente funzionare, in quanto fa uso di una metodica facile e divertente, usabile da quasi la totalità dei soggetti che si prendono cura di questi ragazzi, tutte le volte di cui se ne ha voglia. 
Il progetto si chiama
"TI DICO" e lo illustro di seguito.
Comunicare
La comunicazione fra persone è un aspetto fondamentale della nostra vita di relazione.
Comunicare con una persona non vuol dire necessariamente trasferire dell’informazione da una mente ad  
un’altra, questa impostazione ingegneristica della comunicazione può infatti risultare riduttiva se applicata alle  
persone.  
Le persone comunicano, oltre che per trasferire informazione, innanzitutto per creare un legame, per  
esprimere sentimenti, per rappresentare un disagio o condividere un’emozione, in altre parole per il bisogno di  
“stare insieme”.
Fin dai tempi più remoti la comunicazione ha usato canali diversi, il linguaggio non verbale, la gestualità e la  
mimica facciale prima, la parola, dopo, permettendo così interazioni di complessità crescente.  
L’uso di espressioni del volto per la comunicazione è una caratteristica tipica del genere umano, che si  
distingue dagli animali per il numero elevato di muscoli facciali. Fin dalla nascita l’uomo comunica con espressioni  
istintive, che poi si arricchiscono grazie all’esperienza sociale.
Abbiamo imparato a comunicare efficacemente con la parola solo da qualche migliaio di anni. Prima di allora  
l’uomo interagiva solo attraverso gesti ed espressioni del volto e del corpo. Quando interagiamo dal vivo con  
un’altra persona, le espressioni del volto (sorrisi, pianti, smorfie, ecc…) e della voce (tono tremolante, entusiasta,  
minacciosa…), i gesti delle mani e la postura del corpo  sono un aspetto fondamentale della conversazione, e  
questi aspetti passano prima della parola, perché sono “iscritti nel nostro DNA”.
Per cui, possiamo affermare che, prima della parola, ciò che passa immediatamente in un atto comunicativo è  
un linguaggio non verbale, istintuale fatto di gesti ed espressioni mimiche.
Con il tempo abbiamo imparato a comunicare prevalentemente con la parola, ma la necessità di interagire con  
le persone distanti ci ha costretto a fare uso della scrittura tralasciando di conseguenza l’uso di gesti e espressioni.  
Per cui l’uso della parola scritta (dalle lettere alla chat) ha fortemente influenzato la nostra comunicazione  
facendoci pian piano mettere in secondo piano la dimestichezza ad usare il linguaggio non verbale.

Difficoltà comunicative
In alcuni soggetti, per esempio nelle persone autistiche, ma non solo, la difficoltà a comunicare e ad esprimere  
le proprie emozioni rende loro la vita problematica. Le persone che hanno tali difficoltà spesso sviluppano un  
linguaggio proprio, comprensibile solo a loro e a persone molto vicine, ma incomprensibili agli altri. Questo li porta  
spesso ad isolarsi o a essere isolati dal gruppo.
I deficit comunicativi si possono rilevare già in tenera età, ma spesso è nell’inserimento nella scuola materna  
che tali problemi vengono a galla, in questi casi è consigliabile suggerire ai genitori (qualora non l’avessero già  
fatto) di rivolgersi ad uno specialista per cercare di capire quale potrebbe essere il problema, e con loro cercare  
una possibile soluzione.
Data l’importanza fondamentale della dimensione comunicativa nella nostra vita, abbiamo elaborato un  
progetto (spiegato in dettaglio nelle pagine seguenti) che vuole proporsi come uno strumento per  
facilitare/stimolare la interazione e la comunicazione con il mondo esterno da parte di quei soggetti che, per cause  
diverse, soffrono di deficit nella sfera comunicativa.  
In particolare, lo strumento proposto è stato pensato per soggetti affetti da deficit comunicativi leggeri e dove  
ci sia un livello di comprensione adeguato.
“comunicare in modo alternativo”
Attualmente vi sono vari strumenti che si propongono di offrire un aiuto alla comunicazione, tastiere facilitate,  
programmi per pc, o tablet, oppure progetti simile a questo, e da cui questo progetto “TI DICO....” prende spunto,  
e cioè il PECS  (Sistema di Comunicazione mediante Scambio per Immagini sviluppato da un gruppo di americani nel 1994 -
Lori A. Frost e Andrews S. Bondy- all’interno del Delaware Autistic Program, il programma delle scuole pubbliche per soggetti  
autistici più ampio degli USA) questo complesso strumento, fa uso di molte immagini per facilitare la comunicazione  
tramite una modalità comunicativa alternativa (CAA - Comunicazione Alternativa Aumentativa), per i risultati  
ottenuti il PECS si è dimostrato uno strumento validissimo ma, per i lunghi tempi, per la necessità di operatori ben  
formati, per la quantità e la complessità delle immagini usate abbisogna di una modalità di somministrazione  
“poco agevole” fattibile solo all’interno di un setting particolare.
Per ovviare al tale difficoltà, cui ho pensato a qualcosa di più semplice che possa essere probabilmente  
propedeutico al PECS, nasce così il progetto “TI DICO....” che si propone come uno strumento immediato,  
facilmente fruibile e usabile da quasi la totalità degli “educatori” e quindi in tempi e spazi sicuramente più ampi.  
Volevo un progetto semplice, veloce, concreto perché nella mia esperienza con questi bimbi ho visto la difficoltà  
dell’uso di metodologie complesse che molte volte inibiscono tutte quelle persone che non sono adeguatamente  
formate, escludendo di fatto una enorme fetta di potenziali “educatori”
Progetto “TI DICO.....” introduzione
In questo progetto propongo una modalità per facilitare la comunicazione con il mondo esterno, facendo uso  
di immagini da associare alle emozioni.
La modalità si basa sull'uso del linguaggio figurativo; l'idea di base consiste nell’usare dei disegni,  
comunemente chiamati emoticons, che rappresentano semplici emozioni quali rabbia, felicità etc.., o bisogni,  
sfruttando la innata capacità dell’uomo all’associazione di tali figure ai propri stati emotivi. In questo modo,  
quando in futuro questi ragazzi/e vorranno comunicare le proprie emozioni ad altre persone, potranno usare  
queste emoticon come un primo approccio; questo potrebbe aiutarli a “rompere il ghiaccio” durante le prime fasi  
della comunicazione e rendere sempre meno pauroso l'iniziare una relazione.  
La scelta di immagini come strumento comunicativo, e, in particolare, degli smiles o emoticons deriva da varie  
considerazioni. Le emoticon, smile o smiley sono entrate a far parte del nostro linguaggio a livello globale. Sui  
cellulari, nei messaggini, nelle chat, milioni di faccine navigano da un posto all’altro del pianeta permettendo di  
superare le barriere linguistiche creando un linguaggio universale, capace di essere compreso da persone che  
parlano idiomi diversi. “Le emoticon sono riproduzioni stilizzate di quelle principali espressioni facciali umane che  
esprimono un’emozione (sorriso, broncio, ghigno, ecc.).” Le Emoticon si basano su questo substrato linguistico  
universale, primitivo, infantile.
La loro caratteristica principale è l’immediatezza, vale a dire la capacità di comunicare subito ed efficacemente
un messaggio comprensibile per l’ interlocutore.
Queste caratteristiche rendono le Emoticon un codice potenzialmente universale.
Per tali ragioni, ho scelto di usarle per facilitare la comunicazione, questo perché le principale espressioni  
facciali sono universalmente riconosciute.
La facilità di somministrazione di tale metodo lo rende adatto ad un ampio bacino di persone, inoltre la  
semplicità del suo uso fa si che quasi chiunque possa riuscire a utilizzarlo correttamente.
Nelle scuole, nelle associazioni e persino in famiglia, metodi simili si sono rivelati efficaci in quanto hanno  
permesso in breve tempo (nell’arco di tre quattro mesi) di rendere la comunicazione più fluida.
In prospettiva, ciò aiuterebbe a creare una comunicazione sempre più ricca e uscire dall'isolamento.
“TI DICO.....” - Progetto proposto, metodo
Il metodo proposto in questo progetto ha solo bisogno di tre o quattro paginette dove sono riportate le  
emoticons secondo tre grandi categorie (emozioni e/o stati d’animo, bisogni e/o richieste, comunicazioni) Questo  
lo rende semplice, immediato, alla portata di tutti e usabile ovunque.
Il progetto si divide in fasi.
Le fasi sono di durata variabile a seconda della capacità del soggetto a riuscire ad associare le immagini a ciò  
che si vuole esprimere.
L’intervento dell’istruttore/educatore dovrebbe limitarsi a fare in modo che il soggetto associ a ciò che vuole  
esprimere sempre la stessa immagine scelta insieme, (es. sono contento, sono arrabbiato, sono annoiato etc..) e  
rafforzare gradualmente tale associazione mediate ripetizioni.
Completata tale fase, la seconda fase dovrebbe servire a guidare il soggetto all’associazione di diverse  
categorie tipo emozioni e bisogni conseguenti) (es. Sono annoiato e vorrei giocare, sono stanco e vorrei dormire  
etc..)
La successiva servirà a includere nella comunicazione anche la terza categoria
Le fasi seguenti non faranno altro che potenziare ed arricchire tale modalità espressiva.
Possiamo dividere le emoticons in 3 grandi settori:  
emozioni e stati d’animo
bisogni
comunicazioni
Ogni categoria, nel tempo, con il progredire delle capacità comunicative potrà e dovrà essere arricchita di  
nuove immagini di immediato significato (il web ne fornisce una quantità notevole).
L’usabilità, del metodo proposto, è variabile, si possono stampare tanti fogli quanti sono le categorie e di volta  
in volta il bambino può indicare all’interlocutore le immagini associate a ciò che vuole esprimere, oppure si  
possono stampare e ritagliare le singole immagini che verranno usate singolarmente o  eventualmente accostate  
l’una all’altra, in tutti i casi è bene plastificarle per renderle più resistenti all’uso
Le immagini proposte sono solo una piccola parte di quelle usabili, in ogni caso, specie all’inizio, è bene  
proporre poche immagini per non creare confusione e favorire la facilità di apprendimento, aumentandone  
gradatamente, via via, il numero con il progredire della capacità comunicativa.